mercoledì 8 novembre 2017

Paulina Chiziane

David, dirigente d’azienda nel Mozambico rivoluzionario, sente che il suo posto è a rischio e ricorre alla magia per preservarlo, sapendo che “nessuno sale in alto con la carità” e che “il potere obbliga l’uomo a scendere nel sudiciume più profondo”. Gli avvisi di indovini e fattucchiere che consulta non servono a frenare la maniacale ambizione di David che, innescando una serie di eventi incontrollabili, lo condurrà lui e la sua famiglia, a partire dalla moglie Vera, a scoprire il proprio destino. Magia bianca e nera, conflitti sociali e guerre civili: Paulina Chiziane sviluppa circostanze di un’intensità inusitata senza nascondere le proprie sensazioni, i propri giudizi (“Lo spargimento di sangue è premeditato, pianificato, con un’intenzione benefica e un nobile progetto. Le vite sono capelli, dicono i guerrieri. Se ne tagliano pochi e ne nascono molti, più forti e più sani. Ci sono ogni giorno meno scuole, meno lavoro, meno pioggia, più fuoco, più sole, più armi. Ci sono più morti che vivi, ma ancora non è arrivata la fine del mondo, la vita trionferà, per la gloria del vincitore. Il campione di questa guerra costruirà il maestoso palazzo imperiale con ossa umane come se ne vanno in giro a tonnellate nei boschi”) e imprimendo alla trama, alla storia un ritmo travolgente. Anche i personaggi, a partire dal protagonista, David, sono combattuti e ben definiti (“Ogni vincitore viene vinto dai suoi crimini. La terra non sarà mai proprietà degli uomini”) con una percezione che è sempre provocazione, come fa notare Lourenço: “Sono un eroe. Agli eroi è permesso uccidere in nome di qualsiasi utopia: democrazia, libertà, indipendenza. Io non ho ucciso nessuno, ho rubato nel nome di una realtà molto concreta. Le mie tasche. Sono di gran lunga il più santo degli eroi. Ho le mani pulite. Sono la persona più innocente di questo mondo”. La storia, sospesa tra un’intricato trama di tradizioni e magia e un acuto realismo, è avvincente. Paulina Chiziane sembra condensare con Il settimo giuramento secoli e secoli di tradizioni africane, ma anche l’influsso delle culture europee, imposizioni coloniali e rivoluzioni comprese. La composizione potrebbe sembrare ardita e caotica, solo che la voce di Paulina Chiziane è forte, senza remore, rende alla perfezione le motivazioni che portano David verso Il settimo giuramento e le sue inevitabili conseguenze: “Morale vuol dire essere deboli, piccoli, inferiori. Immorale vuol dire odiare, rompere gli equilibri. Risvegliare. Far vibrare. Vivere. Vuol dire fare la guerra. Vincere la guerra. Vuol dire trasformare i più deboli in polvere e nulla. Senza odio né tirannia non sarebbero state costruite le piramidi d’Egitto, né le strade, né i ponti, né le ferrovie, né i monasteri, e anche l’America non si sarebbe sviluppata a costo del sudore dei neri. Le trasformazioni hanno bisogno di un movimento, figlio dell’odio”. L’adesione che Il settimo giuramento richiede è quella. Il prezzo da pagare va scoperto in fondo a un romanzo intenso e suggestivo, a tratti crudele e spietato, sempre sorprendente.

Nessun commento:

Posta un commento