giovedì 9 novembre 2017

Eshkol Nevo

Mentre la Francia vince i campionati mondiali di calcio del 1998 con una squadra cosmopolita e variopinta, quattro amici decidono, un po’ per gioco, un po’ per sfida, di cominciare una bizzarra partita con il destino. In foglietti piegati e riposti con cura, infilano i loro desideri più profondi che vorrebbero vedere realizzati entro e non oltre un termine ben preciso, ovvero la successiva edizione dei mondiali. Se l’idea parte nella condivisione della certezza che “noi tutti sentiamo di appartenere a qualcosa solo quando siamo insieme”, l’aver fissato una destinazione nella realtà implica soltanto una precisione sulla carta dei calendari, ipotetica almeno quanto la natura dei desideri. La scadenza, ogni quattro anni, è uno spartiacque temporale, un confine invisibile e ideale tra speranze e promesse, tra l’evoluzione delle personalità, l’incidenza dell’età, degli imprevisti e delle probabilità. Quello che resta è il dato concreto, e inalienabile, con cui è partito l’azzardo: ormai scritti, i desideri resteranno lì, incidendo una linea assoluta che rende il gioco inventato dagli amici davanti alla televisione un rischio permanente, e inquietante. Zinedine Zidane alza la coppa del mondo e arrivederci a quattro anni dopo. Eshkol Nevo manovra con una certa abilità l’incrocio tra le personalità di Ofir, Churchill, Amichai e Yuval (a cui vanno aggiunte Ilana, Maria e Yaar) finché i desideri si realizzano, ma con una “simmetria” (che è poi quella del titolo) sfasata rispetto alle intenzioni, secondo trame imprevedibili, segnando la vita, i legami e le storie degli amici. D’altra parte c’è una precisione divinatoria se un gioco nato per caso e per scherzo davanti alla televisione diventa un rituale rivelatorio, a cui i quattro amici torneranno spesso a fare riferimento. Come se gli servisse a comprendere che i desideri erano tutti giusti, ma al posto sbagliato, mentre le tracce delle loro vite venivano segnate, anno dopo anno, da quella che Eshkol Nevo chiama “incostanza dei sentimenti”. Come era facile intuire, la partita è persa fin dall’inizio. La difficoltà di far coincidere i legami e i rapporti con i propri desideri non è l’unica che devono affrontare i quattro amici. Si devono destreggiare anche con le proprie famiglie, con una vita quotidiana fatta di guerra e di violenza, con città evanescenti e notti surreali. Si devono confrontare anche con le fragili intersezioni di un’amicizia con l’altra, dove, come capita regolarmente nella realtà, il tradimento, l’assuefazione, il sospetto e la confusione prolificano in modo esponenziale. “Se è tutto sbagliato da cima a fondo, che almeno si tratti di un errore maestoso” scrive Eshkol Nevo e, senza forzare i toni, anzi piuttosto con garbo, misura e discrezione, conduce il romanzo in porto. Solo che sua “simmetria” più che geometrica deve essere stata matematica. Il segnale che giunge è che, pur di giungere alla stessa somma, quell’insieme, che è poi il “desiderio” più importante, vale la pena scambiare i ruoli, magari in attesa dei prossimi mondiali. 

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